Anche la Repubblica di Padova, come la civiltà attuale, proibiva i giochi d'azzardo. Con la legge del 1200 aveva vietato ogni gioco nelle osterie, ed in qualunque luogo era proibito il gioco dei dadi, erano permessi solo nelle case private il gioco degli scacchi e delle tavole. Queste tavole erano il gioco che noi chiamiamo delle carte. Siccome la carta non era conosciuta in Italia ed i magistrati e notai scrivevano solo sulla pelle di agnello seccata, chiamata pergamena, così il gioco era composto di tavole, o meglio tavolette di legno, lunghe circa dieci centimetri e larghe circa due, sulle quali erano rozzamente dipinte o intagliate a mano da un lato solo le figure del gioco, e queste tavolette si tenevano in mano a guisa di ventaglio come facciamo noi oggi con le carte. Incidentalmente diremo che questo gioco venne inventato molti secoli prima di Cristo, ma non essendoci rimasta alcuna copia non sappiamo se Ie figure fossero uguali alle nostre. Pare che le nostre figure siano state inventate in Spagna e qui importate, e sembra che esse volessero rappresentare tutte le classi sociali e cioè il re era il supremo potere, il cavallo col cavaliere rappresentava la nobilita, il fante l'esercito, quindi tutti tre i poteri governativi. Le spade indicavano la giustizia e la magistratura, le coppe ovvero calici il clero, i bastoni il popolo perché non poteva andar armato che di quelli, ed i denari i mercanti, cioè le quattro classi principali in cui si dividevano le nazioni, precisamente come ora. Ritornando alla nostra Repubblica Padovana diremo che con sua legge del 1236, aveva decretato che chi. fosse scoperto ad ingannare al gioco venisse punito con la frusta su una pubblica piazza. I giochi d'azzardo proibiti erano i dadi, ed altri giochi dai nomi strani come: «polverette, corezole, zafanelle:, vachete, arcille », che noi non conosciamo e che non sapremo mai più che cosa fossero. Inoltre il Podestà faceva restituire al perdente i denari del gioco d'azzardo, e dichiarava nulli i prestiti fatti dagli osti ai figli di famiglia, perché si presumeva che fossero debiti fatti per giocare. Nel codice della Repubblica Padovana del 1236 troviamo pure che era proibito agli osti e locandieri accogliere e dare alloggio a donne libere, e comandava che le medesime dovessero abitare fuori della città e dei sobborghi sotto pena di 25 lire di multa e la frusta in pubblica piazza. Più tardi nel 1281 fu permesso che quelle donne abitassero fuori delle mura vecchie lungo il fiume tra il Ponte Molino ed il Ponte Contarine, e si comando che esse e loro accompagnatrici portassero in testa una cuffia rossa, sotto pena della solita frusta in piazza. Tali severe leggi vennero ripetute anche dai Carraresi ed anche dalla Serenissima nel 1415, ma tali severità furono sempre pili apparenti che reali, perché malgrado le proteste di molti cittadini queste donne abitavano ove volevano. Come anche riguardo ai debiti, le leggi erano giuste e severe ma malamente applicate solo i ribelli o i traditori e gli assassini per furto ed anche coloro che rubavano nelle chiese venivano appiccati o strozzati o decapitati, attanagliati e squartati in mezzo a gran folla di popolo per il quale simili crudeltà erano come feste. Invece gli omicidi per vendetta o in rissa, gli infanticidi, i furti e gli stupri erano lievemente puniti con prigionia, bando o relegazione in una fortezza. Aggiungi che massime i ricchi presto trovavano il modo di liberarsi, e quindi essendo facile l'impunità o il perdono, era piccolo il timore del castigo ed i delitti crescevano sempre più.
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